Cara mamma Laura, buon secolo lassù.

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Mamma Laura ed io. Il nostro abbraccio in collina

Quel pomeriggio di marzo eravamo salite in collina. Seppur già provata, eri felice di poter guardare il mondo dall’alto. Oltre il ponte, sotto la rocca di Verrua Savoia, stavano sbocciando le primule che ti piacevano tanto, e le violette e l’anemone hepatica. Amavi i fiori selvatici, semplici e delicati come te, e t’incantava l’armonia del sottobosco fitto di piccole sorprese. Ricordo  la tua gioia nel seguire il paesaggio, il castello di Gabiano con la sua architettura da favola, i filari ordinati delle vigne, i prati come ritagliati in un’antica coperta patchwork. Ti brillavano gli occhi e, giunte a Cantavenna, sfidando improvvise folate di vento, ti soffermasti ad osservare la pianura  distesa come un lenzuolo, fino ai piedi delle Alpi spruzzate di neve.
“Una volta sì che camminavo in montagna! – dicesti ripercorrendo col pensiero i sentieri delle Valli di Lanzo. – Gli scarponi pesavano più delle pietre ma io salivo, salivo, non mi fermava nessuno. Non ero mai stanca allora…” E sull”allora’ facesti una lunga pausa che conteneva tutte le emozione della giovinezza, la soddisfazione per aver raggiunto la vetta  e la convinzione che la tua vita quaggiù sarebbe stata un’interminabile avventura. La tristezza stava prendendo il sopravvento e, per scacciarla, ti abbracciai forte. “Ti voglio bene”, dissi.  E tu: “Anch’io. Tanto.”
Quanto amore in quel ‘Tanto’!

Non sei mai stata una mamma sdolcinata, mai mi avresti chiamata ‘Amo’ come va di moda oggi, e neppure ‘Tesorino mio’, nè  avresti usato altri zuccherosi vezzeggiativi. Alle parole preferivi i fatti, una regola che hai  sempre applicato sia con mio fratello – per tutti  Chicco, per te sempre rigorosamente Franco – sia con me,  la tua primogenita, una bambina  che spesso ti sembrava bizzarra. Col tempo ho capito che i tuoi dilatati silenzi erano ricchi e pieni di tenerezze, un dono per tutti noi che condividevamo i tuoi spazi e per chi aveva la fortuna di incontrarti anche solo per un attimo. Non a caso,  dopo oltre due anni dalla tua nuova esistenza nell’altra dimensione, trovo persone che ti descrivono come una donna speciale, umile e saggia, riservata ma generosa,  sempre pronta a porgere  aiuto. “Instancabile”, sottolinea qualcuno. “Una vera signora”, aggiunge qualcun altro.  Solo parole gentili per te che, con grande discrezione, hai lasciato  tracce armoniose su questa terra.

La scorsa estate,  dipingendo un quadro ispirato a “Cent’anni di solitudine”, pensavo che la mia Ursula e il mio José Arcadio Buendía,  immaginati nella cucina di Macondo, eravate tu e papà nella cucina di Crescentino,  tu tenace e razionale, lui inguaribile sognatore. Il  tuo Nino non si era imbattuto in un galeone spagnolo nella foresta tropicale colombiana ma aveva  incontrato alci, castori ed indiani nelle immense regioni del Canada mentre tu, come Ursula, badavi alle faccende di casa. Unica differenza: se lei cucinava la yuca e il platano, tu preparavi  un vitello tonnato e una finanziera  degni del pranzo di un re. Bello  pensare di aver avuto dei genitori letterari.

E, a proposito di 100 anni, tanti ne compi oggi. Sempre più credo che i nostri mondi siano connessi e, anche se, come dicono,  il  tempo lineare non esiste, voglio festeggiarti giocando, come facevo da piccola, con le candeline. Sai bene che la matematica non è mai stata il mio forte, dunque ne metto una soltanto al centro di una grande torta di frutta ideale. E così farò in futuro perché ogni anniversario sia l’inizio di una storia infinita. 

Buon compleanno  dolce mamma, auguri  caro angelo.

 

21 febbraio 1923 – 21 febbraio 2023

 

 

  

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