OTTAVIO MAZZONIS
grande maestro d’arte e spiritualità
Ottavio Mazzonis in un’ immagine tratta dalla pagina di Facebook
dedicata al grande maestro torinese, dalla quale abbiamo ricavato la biografia a corredo dell’articolo.
ha scelto il passato come meta d’avventure e i secoli sono tappe sofferte e conquistate all’interno dello studio di via Artisti.
Tanti bozzetti sparsi sul pavimento, oli su carta immediati e sicuri dipinti con grandi pennellesse.
Ottavio Mazzonis: La Veronica. Immagine tratta, come le due seguenti da Arciconfraternita del Rosario.com
C’è chi viaggia nello spazio e chi nel tempo. Ottavio Mazzonis ha scelto il passato come meta d’avventure e i secoli sono tappe sofferte e conquistate all’interno dello studio di via Artisti, un enorme locale affacciato sul Po e sulla collina che lo abbraccia ad arco: da una parte Superga, dall’altra il monte dei Cappuccini, di fronte una lunga fila di alberi che nasconde lo zoo e gli animali intorpiditi.
«Una vista impagabile», dice «ma non pittorica. Mi ha ispirato solo due quadretti, uno col sole, l’altro con là neve. Quel che è troppo reale, m’interessa poco».
La conoscenza del passato è il presente della sua pittura: nelle tele al fondo della stanza, le stesse che a settembre verranno esposte a Parigi, si avvertono i contatti con i grandi maestri, Paolo Veronese, Piero della Francesca, il Domenichino, soprattutto Gian Battista Tiepolo. E anche William Blake fa capolino tra le nubi grigioazzurre dalle quali escono e con le quali si confondono le figure in movimento, donne molto belle dai corpi bianchi e sinuosi, quasi materializzazioni di sogni, sfuggenti e inconsistenti come fantasmi o folletti o fate ancelle della regina Mab. E sono molti altri i pittori che si aggirano fra queste mura: Caravaggio drammatico e collerico tesse amicizie con Boldini e gli illustratori Liberty, amanti dei veli e delle trasparenze. Tuttavia Mazzonis non copia da nessuno di loro: si sa che ci sono, che esistono, ma solo come ispiratori e guide alla ricerca.
«Non si può fare nulla di nuovo», afferma con convinzione contagiosa, «se non si passa attraverso il filtro del passato. Nicola Arduino, di cui sono stato allievo, era solito ripetermi: “lo t’insegno il mestiere. Se avrai qualcosa da dire lo dirai.” Ed è quanto cerco di fare. Ma tutto questo non sarebbe stato possibile se prima non avessi affrescato chiese, dipinto pale d’altrare, tentando di scoprire i segreti della grande pittura. Ora sento di potermi esprimere con maggior libertà. Una sicurezza, che devo ammettere, non mi deriva solo dalla padronanza acquisita in molti anni di lavoro. Sono stati i galleristi di Roma e di Bologna a darmi una nuova carica, quando hanno dimostrato interesse per i miei quadri. E’ il sentire che qualcuno ti apprezza, che crede in te, la molla che ti spinge ad affrontare con nuova forza le tele. A Torino la situazione è più statica e di conseguenza un artista si sente poco stimolato. E’ strano, ma son solo due anni che io ho cominciato a vivere».
Ottavio Mazzonis: Gesù incontra sua madre. Una delle tele della Via Crucis di Cento
abbozzate», dice. Mentre mi indica le parti da finire mi vien spontaneo pensare che anche in lui ci sia qualcosa di antico, i tratti del volto ricordano certi personaggi di Ci avviciniamo alle opere destinate alla Francia. «Come vedi, alcune sono soltanto Velasquez, i nobili spagnoli avvolti in abiti scuri. «Non so bene dove arriverò. Spero più in là dei risultati ottenuti nei cartoni preparatori».
I bozzetti sono tantissimi, alcuni sparsi sul pavimento, oli su carta immediati e sicuri dipinti con pennellesse. Sono le stesse figure che si ritrovano nei quadri, con qualche variante: «Qui la modella era di schiena. Poi ho pensato che sarebbe stata meglio voltata dall’altra parte. Con una piccola rotazione, eccola che guarda verso di noi».
A parole è tutto molto semplice, quasi si trattasse di un gioco. Ma non è affatto un gioco saper visualizzare e riprodurre i mille movimenti del corpo umano, legarli ad altri movimenti, trasformare il quadro in un continuo divenire. «Danza» è il titolo di uno, lungo e stretto: donne che ballano in un’atmosfera senza tempo, tamburelli e trombe non si sa se di suonatori terrestri o di angeli, braccia che si tendono, busti che si torcono, mani come strumenti d’accompagnamento, ai centro un cagnolino perplesso e scodinzolante indeciso sul da farsi, chi rincorrere, chi tormentare:.Tutto è ritmo, la danza è senz’altro stancante, di quelle che ben presto farebbero accasciare gli esseri umani grondanti di sudore. Ma sono umane le figure di Mazzonis che fendono l’aria, che diventano aria scossa da fremiti impercettibili? Son di questa terra le ragazze che riposano e pensano sdraiate su teli chiari, nuvole o vapori? E la sfera ricorrente in molti quadri, che cos’è?
«Una ricerca d’equilibrio, la sintesi del l’armonia».
Un’armonia rappresentata soprattutto dalle donne…
«Si, il corpo di una donna è la perfezione .Un uomo lo puoi dipingere, certo, ma lo metti comunque in disparte. Nell’ombra. La donna è l’armonia presente in ogni secolo. Per questo le mie creature indossano abiti senza stile che non appartengono a nessuna epoca, non sono le sete barocche gialle e cangianti, non sono velluti e broccati del Rinascimento. Muovono soltanto veli che ne esaltano la grazia e la purezza».
Non c’è infatti nulla di frivolo, nulla di arcadico in queste donne prive di materia. Il moto nasconde un’ansia non risolta e anche quando sono colte in momenti di quiete è sufficiente il respiro a far vibrare la pelle e l’aria. Sono le creature di un pittore tormentato dal mistero dell’uomo, la vita, la morte, espresse dalla figura del Cristo.
Ottavio Mazzonis: Gesù è inchiodato alla croce
Mi mostra un polittico che si stacca da tutto il resto, dipinto con bagliori caravaggeschi, impregnato di sofferenza. Nelle quattordici stazioni della via crucis il viso di Cristo non è mai in luce, ma il peso della tragedia è tutto nel legno della croce trascinata in circolo, la croce che cade, che viene rialzata, che ricade pesante, mentre le forze dell’uomo vengono meno. Il dolore ha un volto che la grande pittura, pietosa, non ci vuol rivelare.
Maria Giulia Alemanno
in DA TORINO….con colore, Incontri ravvicinati con gli artisti che lavorano in città. STAMPA SERA, pag. 37, sabato 25 giugno 1983
Ottavio Mazzonis: Davanti alla cripta. La Resurrezione – olio su tela, cm. 125 x 170, 2006 Immagine tratta da: comune.cento.fe.it
OTTAVIO MAZZONIS
Note biografiche
Ottavio Mazzonis nasce a Torino il 20 dicembre 1921, figlio di Federico e di Elisa Desio Boggio, prima del matrimonio apprezzata soprano. È una famiglia in cui si respira l’arte: Ottavio, sin da bambino, è un habitué del Teatro Regio e in via San Domenico 11, dove abita la famiglia Mazzonis, sono di casa Aureliano Pertile e Arturo Toscanini. Inoltre, un antenato per parte di nonna paterna, Francesco Gandolfi (Chiavari 1824-1873) era stato pittore, noto soprattutto come ritrattista e affreschista. Il padre di Ottavio, proprietario di un’industria tessile, coltiva svariati interessi e si diletta di astronomia, chimica e, naturalmente, d’arte: come collezionista di dipinti e come discreto dilettante nell’esercizio del disegno.
Vivendo in questo contesto, Ottavio sviluppa precoci interessi per la pittura e a partire dal 1932 (quando ha solo 11 anni), al termine dell’anno scolastico e per svariate estati, accede alle lezioni di Luigi Calderini (1880-1973), noto scultore e pittore. Con Calderini, Ottavio impara a disegnare, a dipingere e infine, nel 1938, a modellare. Primo frutto di quest’ultimo impegno è il wildtiano “Ritratto del padre”, cui seguiranno numerose altre opere eseguite negli anni di guerra. Quella per la scultura è una passione che non lo lascerà mai, sebbene la sua carriera, come vedremo, sia quasi interamente volta alla pittura.
Ottavio ora sa disegnare, dipingere e modellare, ma, consapevole di non poter realmente progredire da autodidatta e pervaso com’è da alti modelli ideali, avverte l’urgenza di studi sistematici. Il padre, ovviamente, preferirebbe che il figlio seguisse le sue orme nel campo del tessile, ma ne capisce la vocazione e la asseconda, a patto che Ottavio dimostri un impegno serio e perseverante. Poiché è legato al mondo figurativo della grande tradizione, Ottavio scarta l’ipotesi dell’Accademia e preferisce rivolgersi a un maestro che conosca a fondo il mestiere.
Decide così di frequentare lo studio di uno dei più capaci allievi di Giacomo Grosso, Nicola Arduino (1887-1974), artista figurativo padrone di tutti i segreti della pittura e ampiamente dedito anche all’attività di affreschista. Con la tecnica dell’affresco e col cimento di “pensare e fare grande”, Ottavio viene in contatto per la prima volta nel 1946, quando segue Arduino a Trebaseleghe, nel padovano, dove i due saranno ancora nel 1949 e nel 1950; nel 1951, maestro e allievo lavorano a Borgonuovo di Chiavari; nel 1953 a Palermo, nella Chiesa dei Teatini, dove due lunette vengono realizzate sui cartoni di Mazzonis, che nello stesso anno debutta alla 110ª Esposizione Nazionale della Promotrice di Torino con un “Autoritratto”, partecipa al Premio Brescia e, in dicembre, alla Mostra annuale del Circolo degli Artisti di Torino, cui non mancherà in tutte le edizioni successive.
Dal 1955 il rapporto con Arduino non è più quello da discepolo a maestro, ma piuttosto di amicizia e stima reciproca. A Mazzonis vengono proposti interventi professionali in affreschi chiesastici ma l’artista, prima di affrontarli, vuole sperimentare le proprie capacità affrescando il soffitto dello scalone della sua casa torinese in via San Domenico 11 (ora edificio di proprietà del Comune), col tema “L’Arte e l’Industria”, e nel 1957 affresca la parete dello stesso scalone col “Giudizio di Paride”.
È nel 1960 che Ottavio affronta le prime opere su commissione, decorando a tempera la cupola della Pieve di Cumiana ed eseguendo “Gesù e Nicodemo” nella Parrocchiale di Sordevolo. Nel 1961 completa il ciclo di Cumiana; nel 1962 dipinge la pala d’altare “San Bartolomeo” per la Parrocchiale di Fontane di Bossea; nel 1963 termina la pala d’altare per San Pietro di Savigliano; nel 1964 lavora a tempera nella cappella del Seminario Maggiore di Mondovì Piazza; nel 1965 realizza la tela “Noli me tangere” per la Parrocchiale di Nucetto e le decorazioni a tempera nell’abside e nel catino del Santuario della Sanità a Savigliano; nel 1968, nello stesso Santuario, esegue a tempera due vele; nel 1969 dipinge l’ovale “Sebastiano Valfré in preghiera “per la camera-cappella del Beato nella Chiesa di San Filippo a Torino (ovale riprodotto in copertina nel volume di Cesare Fava, “Vita e tempi del Beato Sebastiano Valfré,” 1984); nel 1971 completa, con altre due vele, il proprio intervento alla decorazione del Santuario della Sanità di Savigliano; nel 1972 realizza la grande pala d’altare del “Beato Valfré in gloria “per la Chiesa di San Filippo a Torino (oggetto di numerose varianti, la stesura definitiva dell’opera sarà poi ospitata nel Santuario di Verduno); nel 1990 realizza la tela “Giovanni Battista La Salle” per l’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Roma; nel 1991 dipinge un “ritratto di Luigi Firpo” per l’omonima fondazione torinese; nel 1992 esegue il pannello Ricordo di Giuseppe Levi, voluto da Guido Filogamo per il Dipartimento di Anatomia e Fisiologia umana dell’Università di Torino.
Nel frattempo, dal 1953 e sino a oggi, si susseguono numerosissime esposizioni personali e partecipazioni a collettive, in Italia e all’estero.
Ricordiamo solo che la sua prima personale si tiene alla Galleria Fogliato di Torino nel 1968 (l’artista aveva allora già 47 anni!), dove i suoi lavori vengono riproposti nel 1979; la prima personale romana è del 1981 alla Barcaccia; nello stesso anno, Mazzonis inizia un fecondo rapporto di esclusiva con la Galleria Forni di Bologna, che allestisce la sua prima personale felsinea come inaugurazione della stagione 1981/82. Il rapporto di esclusiva con la Galleria Forni, che gli organizza tutte le successive personali italiane e gli procura importanti presenze all’estero (Parigi, Londra, Basilea, Londra, Lussemburgo, Stoccolma, New York, Los Angeles, Madrid, Amsterdam, Tokyo ecc.) dura fino al 1988.
Nel 2000, Mazzonis partecipa alla mostra “Vanitas Vanitatum. Et omnia Vanitas,” promossa dal Museo Sandro Parmeggiani di Renazzo, a cura di Maria Censi e Alfonso Panzetta. Per la sua rilevanza, la mostra di Renazzo diventa itinerante, toccando le città di Longiano, Montevarchi e Torino (Circolo degli Artisti). Questa esposizione spiana il percorso centese di Mazzonis, anche grazie all’amicizia con Maria Censi che, proprio nel Museo Parmeggiani, gli organizza, dal 16 marzo al 13 maggio 2001, la mostra personale intitolata Apocalisse di Giovanni. L’esposizione ha un successo senza precedenti e, nell’occasione, nasce l‘idea della “Via Crucis” per la Chiesa del Rosario di Cento. Le 14 stazioni sono realizzate da Mazzonis e donate alla Chiesa centese. Il file rouge che congiunge la sensibilità dell’artista moderno torinese con quella del migliore Seicento italiano, del Guercino in particolare, è realizzato. L’inaugurazione avviene nel maggio 2003 e, nel maggio 2006, gli viene conferita dalla Città di Cento la Cittadinanza Onoraria.
L’arstista si spegne a Torino il 9 novembre 2010.
Per terminare, occorre almeno accennare anche all’intensa attività editoriale di Ottavio Mazzonis, che, nel corso dei suoi lunghi anni di attività, illustra numerosi libri. Quanto alle monografie a lui dedicate, segnaliamo soprattutto quella curata da Giuseppe Luigi Marini e pubblicata da Allemandi nel 1993, nella quale sono riprodotti 513 dipinti, 51 tra disegni e incisioni e 26 sculture. Chiudiamo con una rapida nota sulla raffinata plastica dell’artista, raffinata e gestita da sempre con una certa pudica riservatezza: figlio d’arte dell’animalier Luigi Calderini, acceso ammiratore di Gaetano Cellini e Arturo Stagliano, Mazzonis ha sempre ricercato nella terza dimensione (così come nell’arte in toto) un ideale antistoricistico di bellezza pura e perfetta, modellando con una particolare sensibilità per certi dosati effetti pittorici e con una singolare inclinazione verso la scultura policroma.
Ottavio Mazzonis:La Chiesa Cattolica A destra, in piedi accanto all’angelo, un suo autoritratto.
immagine tratta da Informazione.it.