IL MIRACOLO DEL RINCÓN
di Massimo Olivetti
Fu sicuramente un miracolo, un miracolo di carta. In Calle Mercaderes vicino alla Casa del Tabacco c’è una porticina, un piccolo patio e una lunga stanza. Appesi con mollette, fogli bagnati di carta. Lì si fa la carta, con stracci, giornali vecchi, fogli ingialliti. Se ne fa una nuova, fogli screspati, colorati, e si fanno scatole, ventagli, borse, tutto un mondo, un universo pergamenaceo.
Da quella porticina in quel patio, anni fa, entrò un’italiana, una pittrice in cerca di nuovi colori, in cerca di nuove storie da raccontare sulle sue tele. Guardò le carte appena fatte, le toccò, le pesò tra pollice e indice e seppe che con quelle si potevano costruire grandi, colorati castelli pittorici. La carta non le serviva solo per disegnarci o per dipingerci sopra, le serviva ancor di più per sognare e, insieme, nel suo sogno, entrarono anche gli altri. Tutti quelli che nel Taller lavoravano, che impastavano, piegavano, tagliavano.
C’era Rafael, che forse aveva il nome di un angelo, e c’era Hanoi che aveva il nome di un luogo, e molti altri che negli anni hanno impastato cellulosa senza poterla trasformare in celluloide. E vicino c’era la Casa de África e Alberto Granado, il direttore, che potevano aiutare a vestire gli Orishas di abiti e radici.
Tutti loro volevano sognare ma non solo loro e la piccola italiana, anche chi, nella Calle, come Elena, guardando i primi Orishas dell’italiana, se lo sognava di notte, grandi, grandi, sempre più grandi, a sventolare come stendardi nei cieli di Cuba. E la pittrice italiana allora fece Orishas sempre più grandi e sempre più numerosi per riportarli a Cuba e vederli danzare nella Plaza Vieja e nella Calle in cui erano nati.
Ora sono tornati,sono qui, forse a casa loro, li potete vedere, sono nati da un sogno di carta e si sono sistemati in nuvole di colori, hanno preso corpo, materia e spirito e, forse per ringraziare chi quei sogni ha sognato, come parenti e fratelli ritornano a riempire le calles, a gettare ponti sopra i mari per annodare fili e unire persone, per farci vivere non in mondi di ferro e pietra ma in mondi di carta dove ci sarà sempre una Calle Mercaderes e un Rincón del Miracolo.
Il testo è stato scritto dal critico d’arte Massimo Olivetti in occasione dell’ Omaggio a Maria Giulia Alemanno, ideato e realizzato da artisti e creativi coordinati da Rafael Suau Lazo del Taller del Papel Artesanal de la Oficina del Historiador de la Cidad de La Habana.
Due sono stati gli appuntamenti: uno serale, il 6 gennaio 2010 nella Calle de La Obra Pía, davanti al Museo Casa de África, l’altro, diurno, il 23 gennaio in Calle Mercaderes, di fronte al Taller del Papel Artesanal, la prima galleria visitata da Maria Giulia Alemanno nel 2003 a L’Avana, dove negli anni ha sempre trovato affetto, complicità ed ispirazione.
A loro volta gli artisti del Taller del Papel Artesanal si sono ispirati agli Orishas dipinti dall’amica italiana, reinterpretando con carta e materiale di recupero gli abiti delle sue divinità yoruba. Ne è nato un lavoro corale, arricchito da musiche e danze, una rappresentazione che ha portato in strada gli dei, come Maria Giulia Alemanno aveva sempre desiderato.
Arte che incontra la gente, e con essa interagisce e vive.
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