Maria Giulia Alemanno ©: Antonio Vendramin, tavola 3 part.
inchiostro di china su carta, 1977
La ballata di “Antonio Vendramin”, cavallo di battaglia dei Cantambanchi, storico gruppo del folk italiano, è stata scritta negli ormai lontani anni 70 da Renato Scagliola, giornalista e cantambanco d.o.c.
La musica è di Piero Marchisio, per un breve tratto cantambanco.
La registrazione degli anni 80, è arricchita dal corno torto di Sergio Balestracci, maestro di musica antica, la cui partecipazione straordinaria rende questa versione unica e preziosa.
In tanti ricordano ancora la triste e dolorosa storia di Antonio Vendramin, mille volte cantata in giro per il Piemonte e anche oltre confine, quando i Cantambanchi si muovevano a bordo di un pulmino amaranto carico di strumenti, con la scritta al contrario come le autoambulanze. E su quella “ambulanza musicale” il buon Vendramin si sarebbe trovato a proprio agio e fors’anche riposato, lui che aveva dovuto combattere da quando era giovane, prima in guerra e poi nella vita, una guerra persino peggiore , perchè senza fine come quella dei Cent’anni. Emigrante in Germania ed in seguito contadino in Polesine, dove a fatica aveva messo sù casa con la moglie e i bambini, nel ’52 si era visto portare via tutto dalla piena del Po, un dramma condiviso da migliaia di famiglie costrette a cercare rifugio e lavoro altrove. Per lui, come per molti altri veneti, l’altrove si chiamava Torino.
Nuova vita, nuovi disagi, nuove difficoltà che Vendramin cerca di annegare nel vino. Il suo racconto si dipana in quella strana lingua che è il veneto-piemontese che, a cadenza e parole della terra d’origine, mischia quelle della terra d’adozione. Per lui, quella che la gente colta chiamerebbe asetticamente “transculturazione”, è stata soltanto “una vita da bestia” che neppure un fiume di vino potrebbe far dimenticare.
Le dieci tavole della storia di Antonio Vendramin che ho recuperato dal cassetto dei ricordi per dar loro la nuova veste del video, risalgono al 1977. Le avevo disegnate su fogli ruvidi, con tratti veloci di penna intinta in inchiostro di china, poi annacquato per essere steso a pennello. Spero conservino ancora una loro freschezza, specie ora che ho potuto farle rivivere accostate al testo e alla musica. E Vendramin, nonostante il tempo che è passato, continua a farmi tenerezza, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, di uno che non ha mai visto Genova.
Maria Giulia Alemanno